Santuario di Portonaccio: settore occidentale

Tempio tuscanico.
  • Codice: 00672
  • Regione: Lazio
  • Provincia: Roma
  • Comune: Roma
  • Località/quartiere: Parco archeologico di Veio
  • Tipo: POI archeologico
  • Coordinate geografiche: 42.021717° N 12.389933° E

Abstract

In quest'area sorgeva un tempio a tre celle di tipo tuscanico, eretto verso il 510 a.C, ornato da un'eccezionale apparato decorativo in terracotta policroma. Ad esso adiacente, era una piscina sacra con locali annessi all'ingresso, alimentata da un cunicolo, forse proveniente dal fosso della Mola.
A partire dalla metà del V secolo a.C. cessò ogni intervento sul tempio che si avviò ad una lenta rovina.

Descrizione

La costruzione del tempio fu certamente voluta dal re tiranno della città, che lo fece erigere su precedenti strutture risalenti alla seconda metà del VII secolo a.C.: una sorta di casa-torre con vano di base seminterrato, forse adibita ad abitazione degli addetti al santuario.
Il culto espletato nel tempio tuscanico era quello di Apollo/Rath nel suo aspetto oracolare profetico ispirato al modello delfico, al quale si collegavano i riti di purificazione. Associato ad Apollo era Ercole, l’eroe divinizzato caro ai tiranni, e forse Giove/Tina, la cui immagine dovremmo supporre sul fastigio dell'edificio templare.
Il ciclo decorativo era costituito dal complesso di terrecotte che originariamente rivestivano le parti lignee dell'elevato, in particolare dalle statue a grandezza maggiore del vero che, poste su grandi basi a cavallo della trave di colmo, ornavano la sommità del tetto. Collocate in gruppi di due o tre illustravano miti greci legati ad Apollo e al suo celebre oracolo, come in un grande altorilievo che aveva per sfondo il cielo. Spiccano tra questi le statue di Apollo ed Ercole affrontati nella contesa per la cerva cerinite dalle corna d'oro, sacra ad Artemide/Diana, che concluse una delle dodici fatiche dell'eroe.
Erano presenti poi Hermes/Mercurio, di cui resta la splendida testa, e Latona con il piccolo Apollo in braccio, forse nell'atto di colpire con l'arco il serpente pitone per allontanarlo da Delfi.
Le statue venivano viste da sinistra, dove passava la grande strada di accesso al santuario e per questo presentano una serie di accortissime deformazioni ottiche.
Numerose inoltre erano le antefisse plasmate a mano, che coprivano le estremità dei coppi sui lati lunghi degli spioventi: entro cornici a conchiglia, decorate da elementi vegetali, esse raffiguravano teste di Gorgone, della divinità fluviale Acheloo, di menade e di sileno e avevano carattere apotropaico, ovvero protettivo.
Tutti i reperti rinvenuti in quest'area sono conservati a Roma presso il Museo nazionale etrusco di Villa Giulia.
I caratteri stilistici del complesso decorativo risentono di quel gusto ionico "internazionale", già atticizzante, che caratterizza la cultura artistica etrusca negli anni finali del VI secolo a.C., ma il risultato raggiunto tocca livelli espressivi altissimi, che non hanno confronti nel panorama figurativo etrusco.
L'autore è stato identificato nel "Veiente esperto di coroplastica" al quale il re Tarquinio il Superbo commissionò la quadriga acroteriale del tempio di Giove Capitolino a Roma inaugurato nel 509 a.C. Egli apparteneva alla celebre bottega di artigiani della terracotta fondata verso il 580 a.C. da Vulca, il maestro chiamato a Roma da Tarquinio Prisco per eseguire il simulacro dello stesso Giove Capitolino.

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Tempio di Apollo: cenni storici

Voce: Elisabetta Giuliani